Storia della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza
Una delle preoccupazioni più grandi di Padre Uva era la cura delle persone con disabilità che dovevano essere assistite nella sua “Casa”. Per questo motivo cominciò a inviare lettere a diverse Congregazioni religiose per richiedere l'aiuto di suore; ma da tutti ricevette risposte negative per la mancanza di religiose.
Trovare una soluzione a questo problema era diventato di fondamentale importanza a causa dell'urgenza dei bisogni delle persone che dovevano essere ospitate, poiché sempre più persone venivano ricoverate.
L'assistenza ai fratelli con disabilità doveva sublimarsi e trasformarsi nella certezza di rispondere ad una missione assegnata dal Signore. Trovare tali suore è stato impossibile. Formarle è stato un compito arduo; nel frattempo i malati che chiedevano asilo era inarrestabile, rendendo più impellente il bisogno di assisterli.
Nella Parrocchia di Sant’ Agostino era presente un gruppo di 8 giovani formate alla carità appartenenti all'Associazione delle Figlie di Maria e insegnanti delle scuole di catechismo. Padre Uva le aveva plasmate “allo spirito di carità” in dieci anni di vita parrocchiale con istruzioni e letture, le aveva formate ad assistere gli anziani poveri nel ricovero di mendicità e gli ammalati dell'Ospedale Comunale. Le aveva rese sue collaboratrici, sempre più attive e assidue, avvolgendole della stessa luce che a poco a poco chiariva la sua missione coinvolgendole nel Carisma di cui lui era portatore.
Spinti dall'amore di Dio e dall'ardente desiderio di immolarsi nella cura e nell'attenzione delle persone con disabilità, desiderosi di riscattare questi sfortunati fratelli dall'ignominia e dal pubblico dispregio, erano pronti a unirsi in vita comune in un nuovo Istituto.
Ma i loro genitori avrebbero acconsentito, umanamente parlando, no. Dove andavano le loro figlie? A quale Congregazione non ancora ben formata? Con quali garanzie? La nuova Congregazione esisteva solo nella mente di un sacerdote che poteva emozionarsi e fallire: tutto era ridotto a un piccolo prefabbricato con tre stanze senza porte, senza soldi e con un futuro incerto.
Quelle otto giovani però saranno le prime vittime sacrificate sull'altare della carità; Erano proprio loro destinate ad essere le madri dell'Opera.
Infatti, la grazia di Dio ha superato tutte le difficoltà e i genitori hanno dato il loro consenso.
Il 10 agosto 1922 le otto giovani si riunirono in vita comune.
Quante difficoltà, quante opposizioni dovettero affrontare per raggiungere l'ideale sublime! Quante sofferenze dovettero subire: scherni, calunnie, risate nascoste e insulti aperti! Ma soprattutto e tutti hanno trionfato, e nella preghiera e nel lavoro quotidiano si sono preparate alla grande missione.
Il 29 settembre 1922 venne accolto nel nascente Istituto il primo ospite.
È facile immaginare l'esultanza e l'amore con cui quella persona rifiutata dalla società e forse dalla sua famiglia, fu accolta in quella piccola casa, da quelle otto giovani, che videro realizzarsi la missione nella quale si erano impegnate.
È facile immaginare quelle sensazioni, ma è difficile riviverle e provarle; perché bisognerebbe avere quello stesso cuore e quella stessa fede. Nessun ospite regale è stato accolto con qui sentimenti e rispetto con cui fu accolta quella creatura sofferente, perché ciò che rappresenta e il suo valore non si valutano nella dimensione degli uomini, benché siano i più importanti, ma come immagine di Dio, che l'aveva accompagnata e guidata a quella porta, dove era attesa come una grazia.
Ma padre Uva riteneva che non fosse prudente affidare la direzione dell'Istituto e l'educazione delle persone con disabilità a giovani inesperte, anche se animate da buona volontà e capacità non comuni, oltre che da ardente carità. Era necessario, quindi, trovare una Congregazione religiosa disposta ad assumersi il difficile compito, e questo non era un compito facile.
Nel mese di giugno 1922, Padre Uva, dopo aver ricevuto solo dinieghi da numerose Congregazioni religiose, espresse le sue difficoltà al Vescovo Arborio Mela di Sant'Elia e il Prelato promise di intercedere presso le Suore Trinitarie.
La mattina del 2 ottobre 1922, tre Suore Trinitarie arrivarono a Bisceglie e furono accolte alla stazione ferroviaria da un gruppo di signori che collaboravano all'Opera e da una folla di persone nella Parrocchia di Sant'Agostino.
Tra le Suore c'era la Superiora Suor Agnese, che aveva la qualifica di infermiera e che aveva dato ottima prova nel dirigere il Noviziato del suo Ordine e due Suore formatesi sotto la sua guida.
Ma la presenza delle Suore Trinitarie durò solo pochi mesi. Il Regolamento di detta Congregazione limitava la presenza alle sole donne, mentre era chiaro che l'Istituto di Bisceglie, destinato ad accogliere persone con disabilità di entrambi i sessi, dovesse quindi avere un'unica direzione e organizzazione. D'altra parte, la Congregazione delle Suore Trinitarie escludeva la possibilità di creare un noviziato a Bisceglie, come desiderava Padre Uva affinché le sue novizie potessero prepararsi nello stesso ambiente, a contatto con gli stessi bisogni ai quali desideravano dedicarsi. .
Padre Uva aveva un disegno dell'Opera, che a poco a poco prese forma, sviluppandosi dal motivo ispiratore, sotto l'impulso e la richiesta di un proposito vigoroso; e che per realizzare quel progetto e dargli struttura e animazione, aveva bisogno di collaboratrici da lui educate, che credessero in lui, e che fossero o diventassero simili a lui nel fervore della carità.
La Comunità delle sorelle indispensabili all'Opera non poteva avere un'origine indipendente da essa, sebbene avesse un fine nello spirito e nello scopo; Sarebbe stato come una giustapposizione e avrebbe messo in ombra l'Opera. Ella doveva nascere con l'Opera, intrinseca alla sua struttura e consustanziale alla sua natura, parte inscindibile dello stesso disegno, contesto di spiriti vivi della stessa passione che animava il Fondatore, capace della sua stessa immolazione.
Nella primavera del 1923 le tre Suore Trinitarie ritornarono nella loro Comunità di Roma. Così la Divina Provvidenza disponeva nei suoi alti disegni.
Era necessario affrontare il problema della costituzione ufficiale della comunità di fatto già esistente. Padre Uva si presentò al Cardinale Laurenti ed ottenne dall'Arcivescovo della Diocesi, entro la fine dell'anno, il decreto di Costituzione dell'“Associazione delle Ancelle della Divina Provvidenza”.
Quelle prime giovani donne assorbirono da Padre Uva attraverso il suo insegnamento e il suo esempio, per avere in comune l'interesse umano e divino di servire Cristo nei fratelli più deboli e bisognosi.
I loro nomi, scritti nel disegno divino di salvezza, che è Cristo stesso sofferente nel dolore umano, devono essere conosciuti dagli uomini, non per vanagloria terrena, ma perché gli uomini hanno sempre bisogno di sapere e di credere che la carità non è utopia e l'eroismo è non un mito, ma entrambi possono essere aggiunti e identificati nella fedeltà del Vangelo.
All’esempio di quelle otto giovani donne ne sono seguiti tanti altri, che hanno confermato un’instancabile abnegazione, un impegno durissimo, dentro e fuori l’Istituto, non solo nell’assistenza ai più bisognosi, ma anche nella ricerca del cibo per sfamare quei fratelli, e tutto il necessario per assisterli.
Padre Uva rinnovò la sua richiesta al Cardinale Laurenti affinché la provvisorietà di carattere associativo fino allora riconosciuta si risolvesse nella costituzione di una vera Congregazione Religiosa, richiesta che venne accolta.
Il 13 novembre 1926 Padre Uva ottenne il nulla osta dalla Sacra Congregazione dei Religiosi. E pochi giorni dopo, monsignor Leone proclamò il decreto che istituiva la Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza.
Nel 1944 la Congregazione fu eretta dalla Santa Sede, con Decreto di Lode, in Congregazione di diritto pontificio. E nel 1946 ottenne da parte dello Stato il riconoscimento della personalità giuridica.
Le Ancelle furono e continuano ad essere figlie del grande spirito inventore e costruttore di Padre Uva, interpreti ed esecutrici del suo disegno, partecipi delle sue stesse fatiche e testimoni della sua fede, tenaci nelle avversità e sicure nelle incertezze dei primi difficili anni, assidue nella cooperazione, incrollabile nella fedeltà, eroiche nell'abnegazione, costituivano la forza più vigorosa, progressivamente accresciuta, alla quale l'Opera era affidata e dalla quale riceveva e riceve l'equilibrio interiore e la struttura ordinaria.
Si sono dedicate a tutte le miserie - dirà di loro un grande arcivescovo - anche alle più umilianti e ripugnanti per il solo amore di Gesù Cristo, nel cui nome sono liberamente diventate, direi quasi, madri e sorelle del poveri sfortunati. Questo volto generoso, che dà tutto e non chiede nulla, fa sì che questa casa duri e fiorisca. È questa carità generosa che fa sì che le povere suore lavorino notte e giorno, senza stipendio, senza speranza di posti di privilegio, accontentandosi solo di un piatto di minestra e di un pezzo di pane per non morire di fame, lasciando tutto il reddito per a beneficio degli sfortunati che hanno bisogno di essere ospitati.
Il Venerabile Padre Uva ripeté più volte che i nostri fratelli sofferenti erano “un tempio, un altare, una specie di sacramento, dove è nascosto il Cristo sofferente”.Con questa stessa convinzione del Venerabile Padre Uva, possiamo dire con tutta verità che le Ancelle erano e continuano ad essere oggi “Tabernacoli Consacrati”, custodi e protettori di quelle “Sacre Ostie viventi”, che sono gli ospiti che abitano le Opere di Don Uva ovunque si trovino. Sono eredi di un carisma, donato da Dio alla Chiesa attraverso il suo Fondatore, per abbellirla con la loro santità.
Sono trascorsi 67 anni dalla partenza del Venerabile Padre Uva alla casa del Padre, e le sue figlie, eredi del suo spirito caritativo e creativo, hanno continuato a diffondere la fiamma della carità, portandola “fino ai confini del mondo”, come Papa Francesco chiamato dall’ Argentina, per estenderlo poi al Paraguay e al Perù, con l'unico obiettivo di continuare a diffondere il motto paolino “Charitas Christi Urget Nos” nei cuori giovani che vogliono consacrarsi a Gesù al servizio dei fratelli. che soffrono e danno la vita per la salvezza delle anime... “vite spese per amore”.
Le Ancelle della Divina Provvidenza continuano oggi l'azione caritativa e sociale del loro Venerato Fondatore: Padre Pasquale Uva. Le Ancelle si lasciano abbracciare dall'amore di Cristo, si lasciano afferrare da Lui. Non appartenendo più a se stesse, lo Spirito le attrae e le chiama a rispondere ad una speciale vocazione. L’Amore, il segno distintivo che il Signore Gesù ci ha lasciato, diventa il suo stile di vita; diventa abbandono totale alla Divina Provvidenza.
Questo grande amore, e il conseguente stile di vita e di servizio, porta le Ancelle della Divina Provvidenza ad uno zelo instancabile che coinvolge tutta la grande famiglia di Don Uva che opera nelle sue Istituzioni, in un'autentica scelta di dedizione a coloro che soffrono.